NOSTALGIA CANAGLIA

Perché scrivi solo cose tristi?” – “Perché quando sono felice esco”. Luigi Tenco

Io e Tenco modestamente abbiamo molto in comune, come lui trovo il dolore e lo struggimento molto più creativi e poetici per la scrittura, rispetto alla felicità. Tenco era uno che sentiva molto e soffriva, ed ebbe una tragica fine.

Io per molto tempo non credevo di saper scrivere davvero se non quando stavo male, provavo rabbia o frustrazione o tristezza. Conservo una decina di diari della mia adolescenza, di quando scrivere era la mia terapia. Poi -per fortuna- sono arrivati periodi lunghi e sereni, indolenti e quasi apatici, e ho trovato lo stesso qualcosa da dire: pensieri che scorrevano limpidi e calmi dentro di me e che sono riuscita ad incanalare nelle mie storie di viaggi, di appuntamenti disastrosi e nei miei vaneggiamenti pseudofilosofici. Ho scoperto un altro modo di scrivere, leggero e forse molto meno noticeable, meno irruento, meno d’effetto. Che certo non mi farà venire segnalata come blogger dell’anno, ma mi dà lavoro (su me stessa – non certo una “reddito “s’intende) però mi dà soddisfazione, mi dà da fare.

E quindi torniamo al mio legame sentimentale con Tenco.

Tenco www.rollingstone.it

Tenco tenebroso – da rollingstone.it

Penso spesso alla differenza tra nostalgia e malinconia, la quale mi fa molto riflettere.

  • La nostalgia o rimpianto di un tempo che fu, di un attimo vissuto, di un luogo, di un contesto, di un’esperienza, di una persona, avrebbe essa una connotazione positiva, perché il naufragar è dolce in quel mare di ricordi. Sì, è anche uno stato d’animo un po’ triste, ma come dicono gli inglesi sarebbe il look back in joy.

 

  • La malinconia invece è uno sconsolamento rassegnato, velato da un’ombra di delusione, di pessimismo e di abbandono. Anticamente detta anche umor nero, uno dei quattro umori generati dall’organismo umano, cui si attribuivano malefici e spesso fatali influssi sulle funzioni vitali. In questa accezione medica ancora oggi si parla di melancolia che in psichiatria individua una forma di disturbo depressivo.

Sono più malinconica o nostalgica?

Sono queste due sponde principali a muovere la mia scrittura, oscillo tra questi due argini come fosse il lento e placido dondolio di una amaca tesa all’ombra in giardino, d’estate, con la calura e le cicale che cantano dopo pranzo.

Apriamo e chiudiamo in musica – era il 1991 e Al Bano stava ancora con Romina (o viceversa):

Nostalgia, nostalgia canaglia

Che ti prende proprio quando non vuoi

Ti ritrovi con un cuore di paglia

E un incendio che non spegni mai

Nostalgia, nostalgia canaglia

Di una strada, di un amico, di un bar

Di un paese che sogna e che sbaglia

Ma se chiedi poi tutto ti dà

Su Tarzan e il galateo della comunicazione

Ammetto senza vergogna di avere una nevrosi a riguardo.

Se fossi come la Dottoressa che insegna agli scimpanze a esprimersi o se fossi Jane che incontra Tarzan dopo che e cresciuto nella giungla e sa solo mugugnare gli direi cosi:

“Apri la mandibola e cerca di dare fiato dalla gola producendo dei suoni che la faranno vibrare.” Ecco questa é la meccanica anatomica, l’atto fisico del parlare, ma comunicare é un’altra cosa.

Comunicare é saper aspettare. 

É non dire, a volte, per cogliere il momento giusto, o per trovare le parole migliori.

Comunicare é pazienza e comprensione.

Comunicare é guardare in silenzio. Saper tacere.

Comunicare é prendere tempo, pause, respiri.

Comunicare non é l’egoismo del vomitare addosso all’altro, nè dire cose per compiacerlo. É un gesto delicato. Un riguardo, una attenzione.

A volte é scrivere, per dire le cose difficili che non si riescono a dire.

A volte é l’opposto: quelle cose che non si possono mai scrivere (tipo litigare via whatsup) perche bisogna dirsele piano, occhi negli occhi.

Comunicare é rispetto.

Uno degli esercizi piú difficili per l’uomo moderno, a parte lanciarsi con le liane ovviamente…

lo spazio del dubbio

Ciao! Scusate l’assenza ma sono stata in vacanza a Ottobre a staccare la spina e raccogliere idee anche per nuove storie che usciranno a breve. (E a Novembre??? Mi é venuta la depressione invernale! ;))

Nel frattempo vorrei parlare dello spazio del dubbio. Cioé quello spazio che si crea prima piccolo come una crepa e poi cresce. Si prende tutto quello che puó. Arriva col silenzio. Quando l’altro tace. Nel non detto, nell’incomunicabilità. Insomma quando l’altro non risponde tu cominci a farti domande e ti fai divorare dalle teorie negatie, dai costrutti che impili come quel gioco dei legnetti e poi ti crollano in testa. Ma QUANDO -é la domanda- é legittimo dubitare, sospettare, congetturare? dubbio-scimmia

Ancora una volta mi trovo a riflettere su questioni di misura… Allora lui non risponde al tuo ultimo whatsup (che tanto per ricordarlo é messaggeria istantanea, dunque se anche uno ci mette 1/2 giornata relativamente a un istante é un sacco di tempo no???) percio in quel momento parte la lista delle risposte a scelte multipla tipo quiz del milionario… Chiaro che col senno di poi cioé se un mese dopo ancora nn lo senti direi che la risposta é chiara (si e rifatto una vita chiaramente ed e diventato un hippy trasferendosi a phi phi island a fare collanine) però intanto che fai nello spazio del dubbio? Ti giri i pollici? Vedete perché io sono un soggetto che sta in pace in relazione? Perché si suppone che con quella persona li ci parli e basta, hai una domanda? Gliela fai. La comunicazione fluisce chiara come l’acqua potabile di Zurigo. E poi che villanità lasciare un altro senza risposta…

Vai a capire gli “haters”…

La cosa che mi stupisce del mondo digitale é che se uno vuole esprimersi, dire la sua con un blog o un video, per quanto buoni siano gli intenti attrarrà sempre innumerevoli soggetti rapaci e malvagi. Assetati di pubblico denigramento altrui e di infinita contraddittoria fine a se stessa dilagano con posts e commenti ovunque. Sono i famosi “haters”. Gente che non so davvero dove l’ha accumulato tutto quell’odio lí e soprattutto perché? Questi soggetti mi sconvolgono, é gente che per strani motivi non aspetta altro che distruggere l’altro con virtuali dialettiche il piu delle volte senza fondamento, frequentemente anche puri insulti. Spesso alimentati da rabbie inconsumabili e ignote amano prendersela con gente che manco conoscono. A me verrebbe da dire: se vedi qualcosa che non ti piace gira a largo, no? Cioé va bene la libertà di opinione e infatti c’é spazio per tutti. E se a me va di dire due cose lasciamele dire e lasciale leggere a quelli che ci si ritrovano. Tu vai a trovarti altro da fare, no? É invidia? No non capisco, ci deve essere dell’altro che non mi so spiegare. È come se io la mattina andando al lavoro vedessi uno che non mi piace come é vestito, magari lo trovo pure osceno o ridicolo, ma non é che cambio strada, gli vado incontro e gli do un pugno in faccia!!!??? Dite che dà molta soddisfazione?

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redroom in the world

Mi rendo conto che “redroom” è un nome un po’ equivocabile per un blog, se googoliamo redroom esce: il gentleman’s club di Londra che ho scoperto per caso a novembre, vari link wikipedia per cui redroom è a seconda: una stanza della casa bianca, un dipinto di Matisse,

The Dessert: Harmony in Red (The Red Room)

una compagnia teatrale di Londra nonchè una casa editrice australiana, il titolo di una mixtape e di varie novels… insomma di tutto un po’ e questo ne deduco, fa del nome del mio blog un titolo vincente. Ho trovato anche un link di un fotografo interessante (http://www.redroom.it) e di una boutique di zurigo… e poi ci sono io. Insomma a me il rosso mi è sempre piaciuto, per l’arredamento di una stanza soprattutto; mi fa pensare a un caldo boudoir (Un boudoir è una stanza da letto privata di una signora, un salotto o uno spogliatoio; il termine deriva da verbo francese “bouder” che significa “mettere il broncio” -wiki quote-), luce soffusa, dove si respirano pensieri, un posto se vogliamo anche un po al limite, dove ci si sente bene, così a proprio agio da aprirsi un po’ e lasciarsi andare, lasciarsi esplorare, dove si sussurrano segreti e verità mescolate e fantasie. Un posto creativo. Ho capito di averci davvero azzeccato quando ho trovato il sito http://www.redroom.com -where the writers are. Allora avevo ragione, la redroom è alla fine un posto comunemente concepito come “letterario” e non solo da me. Benvenuti. In questo comodo angolo della mia mente aperto al pubblico. Mettetevi comodi.